MADRI  SORELLE  AMICHE

Di Suor Leze Noka

Il Decreto di Venerabilità identifica Don Ambrogio Grittani con l’attribuito di Sacerdote diocesano e Fondatore delle Oblate di San Benedetto Giuseppe Labre: “Apostolo del Sud Italia, contemplativo dell’Eucarestia, padre dei derelitti, pur senza dimenticare alcuno del popolo di Dio affidato alle sue cure Egli volle servire Cristo nei più poveri del suo tempo, gli “accattoni”, riservando ad essi le primizie della sua carità sacerdotale …

L’Opera, eretta canonicamente il 1 marzo 1943, andò successivamente strutturandosi in maniera sempre più solida. Il 7 ottobre 1945 nasceva la famiglia delle Oblate di San Benedetto Giuseppe Labre, donne consacrate interamente all’Opera”.

Don Ambrogio ha creduto nella forza, nell’inventiva, nell’entusiasmo e nella generosità della donna. Lui stesso scrive che “La donna è sensibile ad ogni cosa bella e santa, la donna che intende più col cuore che con la ragione” (Amare 49). Sono proprio le donne le prime collaboratrici nell’apostolato ai poveri e agli accattoni. Infatti quando don Ambrogio invitò i primi poveri nella Chiesa del Sacro Cuore per la Santa Messa, “una signora si avvicinò per assisterli, tenerli attenti e farli pregare”, e continua “poi vennero delle signorine, che aiutarono a distribuire l’elemosina per il pane...” (Accattoni pag. 19). Così in fretta si formò il gruppo delle volontarie che sostennero l’ideale di Don Ambrogio, e che egli pensò in tre stati di vita: Oblate interne; Oblate esterne, nella forma della consacrazione laica, all’epoca non ancora diffusa; collaboratrici laiche.

 Gli fu detto: “fondate l’Opera sugli uomini, altrimenti le donne vi daranno molti fastidi!”. Don Ambrogio era consapevole che la donna nella società non era ancora considerata e valorizzata, e infatti scrisse: “Entrate nelle banche: molti uomini e poche donne. Contate gli azionisti di una società: molti uomini e poche donne. Organizzate un’adunanza non religiosa: molti uomini e poche donne. Ed anche nel piccolo il fenomeno resta immutato” (Amare, 237). Ma egli volle sfidare la mentalità affidando proprio alla donna la sua Opera in diversi compiti di responsabilità.

Le Oblate, affascinate dal suo ideale e dalla sua mentalità, hanno voluto rispondere alle sue aspettative, dando continuità nel tempo al suo carisma, cercando di modellare la propria umana femminilità sulle consegne di Don Ambrogio: “Come potranno amarle i poveri se non vedranno in esse le madri, le sorelle, le amiche”?.

La donna per don Ambrogio è soprattutto madre. Egli scrive: “La donna ha una sacra ambizione, di essere madre; essa più dell’uomo sente l’ardente bisogno di toccare l’ultima perfezione della sua femminilità nella felicità della maternità”. Quindi la femminilità per don Ambrogio si completa con la maternità, naturale e spirituale. Egli ne vede il modello in Maria, Vergine del Rosario, Regina delle vittorie, a cui attribuisce tutti i risultati del cammino dell’Opera.

Da alcune recenti testimonianze abbiamo ricavato che don Ambrogio si muove anche dal cielo a protezione della maternità, della difesa della vita che nasce, verso le giovani che desiderano un figlio e le mamme con gravidanze difficili. Invocata la sua intercessione, ne abbiamo sperimentato l’intervento!

Vogliamo pregare con una preghiera di Don Ambrogio alla Madonna del Mare: “Come assomigli alla mia vita! Che bel rifugio per Gesù quel tenero arco delle braccia materne! Che bel rifugio anche per l’ultimo e più tribolato essere umano! Bracia materne di Maria, Madonna del mare della vita, un pochino pochino di posto anche per me, per tutti i tribolati della vita. Da quel posto soltanto potremo guardare sereni, tutti, le onde che vengono, s’infrangono e tornano indietro. Fra nuvoloni, guizzi, odor di procella c’è sempre il cuor della mamma di tutti che tutti rasserena e conforta” (Amare 313).