Ciò che più colpiva di don Ambrogio erano i suoi occhi: grandi, limpidi, sereni e puri, essi possedevano alla virtù, direi, ipnotizzante, magnetica. Ne era cosciente Egli stesso tanto che in classe vietava ai Suoi alunni di fissarlo negli occhi, perché - e i fatti parlavano - incantava e ... faceva ammutolire.
Gli occhi di Don Ambrogio erano veramente le finestre dell'anima; un'anima semplice e grande insieme. È nota la Sua semplicità. Mi limito soltanto a ricordare come essa sprizzava spontanea e piacevole dalle simpatiche colonne di questo giornale: alcuni la scambiavano per ingenuità. Ma no, che non era un ingenuo don Ambrogio! La Sua semplicità scaturiva dalla fede in Dio, Padre di tutti, e nella Divina Provvidenza. Era questo il motivo che lo rendeva fiducioso e sereno anche nelle ore più burrascose e che una volta lo fece esclamare: “Noi dobbiamo avere sempre il sorriso sulle labbra ed essere sempre sereni, anche quando il cuore vorrebbe spezzarsi sotto il dolore”.
Egli non rifuggì dall'esame dei tormentosi problemi della vita, come il bimbo dal buio, ma seppe affrontare con la semplicità di un fanciullo e con l'ardore dell'apostolo i difficili problemi della miseria, dura realtà quotidiana, e in questa lotta fu grande. E fu grande perché amò ed attuò la grande virtù che costituisce l'essenza del cristianesimo: la carità, non come semplice elemosina, ma immedesimazione con i miseri, perché soltanto così si è uniti al Creatore.
Noi abbiamo visto il caro don Ambrogio vendere tutti i Suoi averi, spogliarsi di tutto, anche della Sua biancheria (la maglia che indossava in punto di morte Gli era stata regalata) assidersi alla stessa mensa con gli straccioni e poi lavorare e sudare con la tuta come un operaio per costruire la Casa ai Poveri, tirare anche il carretto, in una parola farsi povero con i poveri, per sentire le loro stesse pene e spandere su di essi la virtù santificatrice del Suo Sacerdozio. E quando attorno a Lui si addensavano le nubi e l'ansia e il tormento si facevano sentire più forti, il Suo cuore semplice e grande si rifugiava ai piedi della Madonna: da Lei, “Umile ed alta più che creatura” attingeva la forza per essere anch'Egli piccolo e sublime.